Per un efficace e duraturo allattamento al seno occorrono razionalità e motivazione ma…..

 

allattamento al seno23/6/2015

……occorrono anche molte altre cose. Una delle più importanti, per la mia esperienza, è la salvaguardia di madre e bambino sul fronte sia fisico che emotivo. Ho scritto parecchie cose sul tema e talvolta (anzi: spesso) sono stato criticato aspramente quando ho detto che gli attacchi al seno andrebbero gestiti in modo congruo, che gli attacchi notturni non necessari andrebbero evitati per tutelare il sonno della madre, che attaccare il bambino solo per pacificazione espone ad una dipendenza madre/figlio alla lunga deleteria e stancante oltre che a possibili sintomi da iperalimentazione, che il bambino oltre che nutrito andrebbe anche idratato, che rimandare il divezzo a dopo il 6° mese è potenzialmente dannoso, e via dicendo.

Gli attacchi e le critiche non mi spaventano di certo. Sono molto attento a questo aspetto dell’allattamento e dell’alimentazione in generale e mi curo principalmente del benessere materno, dato che quello del bambino viene di conseguenza ed automaticamente. Potrei riportare le vive voci di donne che si sono rivolte a me per allattamenti “selvaggi” insostenibili ed imposti da regole “inderogabili” provenienti da protocolli stilati da enti sovranazionali o da associazioni pro-allattamento: mi chiedevano di smettere per esaurimento ma è bastato regolarizzare gli attacchi e farle riposare per convincerle a continuare e con soddisfazione. Non riporterò quelle voci: non serve (ma se servisse sono pronto a farlo: in alcuni casi si tratta di donne famose a livello nazionale/internazionale per i loro eccellenti risultati sportivi…). Qui vorrei piuttosto affrontare un tema che riguarda più da vicino l’atteggiamento di molti (non tutti ovviamente) colleghi pediatri nei confronti del sostegno all’allattamento al seno.

Di recente ho scritto, sul portale allattamento della Società Italiana di Pediatria, alcuni articoli riguardanti il controllo del calo fisiologico (mediante piccole supplementazioni di formula in attesa della montata per evitare eccessi di perdite idriche e per scongiurare la disidratazione ipernatremica….vera e propria minaccia alla salute e talora alla sopravvivenza del neonato), l’evitamento di stress sulla donna esercitato da pressioni emotive in ordine alla precocità della montata ed in relazione al calo medesimo (fonte di tensione che non è certo un fattore favorente la produzione di latte) ed altro. Questi scritti sono stati commentati e la lettura di quelle righe mi ha fatto riflettere. La ricerca bibliografica (è una mia regola ferrea quella di verificare) che ha seguito queste riflessioni, associata alle mie personali evidenze, mi ha fatto accorgere di numerose incongruenze, talora innocenti, talora rischiose, nel comportamento dei colleghi medesimi di fronte alla diade madre/bambino in relazione, si badi, NON al loro benessere ma alla sorveglianza sulla corretta applicazione di norme e dettami, a prescindere dai risultati.

Le regole dovrebbero essere adattate: non basta che siano applicate tout court dato che quel che conta non è svolgere bene il compitino (per ripulirsi la coscienza e per scaricare sulla madre un eventuale fallimento) ma è che funzionino e riescano a portare a dei risultati. Se non funzionano o se non sono adeguate, semplicemente si cambiano o si ignorano.

Ci sarebbe da scrivere un volume ma mi limiterò ad un solo, emblematico esempio: la valutazione del calo fisiologico neonatale in situazioni di ritardo della montata del latte.

Storicamente (e sperimentalmente) si è valutato prudente un calo massimo del 10% del peso alla nascita entro le prime 72 ore (3 giorni). Un calo maggiore esporrebbe a fenomeni correlati alla disidratazione ed alla diselettrolitemia (soprattutto per quanto riguarda il sodio). Spesso (anzi: molto spesso) accade che questo limite, in tentativi di allattamento al seno reiterati ma inefficienti (ed anche questo va tenuto in conto), rischi di venire superato. Ho segnalato che la possibilità di intervenire positivamente esiste: basta supplementare il bambino con piccole quantità di latte artificiale o di liquidi, da offrire sempre dopo il capezzolo, che hanno lo scopo di: a) restituire una piccola quantità di acqua e di energia; b) rassicurare la madre che, anche nel caso di ritardo della montata, non si generano squilibri nel bambino (e questo spesso è il fattore chiave per l’innesco della montata attraverso un sollievo dell’ansia ed un’attenuazione di sensi di colpa); c) allungamento dei tempi utili per avere una efficiente produzione di latte materno: in attesa della tanto sospirata alluvione di nutrimento naturale il bambino non rischia di andare incontro a pericolose disidratazioni o a itteri di intensità minacciosa (ricordo che ittero e calo sono spesso associati).

Le risposte? Dal Policlinico Umberto I arriva una nota che dice di non dare eccessiva importanza al calo del 10%: la situazione obiettiva è quella che detta la regola. Se il bambino richiama, succhia avidamente, è sveglio e vivace si può tollerare anche un calo maggiore e quindi si può procedere col solo seno, senza alcun reintegro, fino ad insorgenza della montata. Si aggiunge che spesso le supplementazioni vengono date più per attenuare l’ansia dei medici in ordine ai tempi di montata, che per effettiva necessità.

Dal Burlo Garofolo (Trieste) si sottolinea quanto la clinica sia importante e quindi si avvalora l’ipotesi che si, il calo del 10% va guardato con sospetto, ma sempre con disincanto. In pratica solo quei bambini che manifestano inerzia e segni di scarsa collaborazione alla suzione ed al richiamo per fame (cioè quelli già disidratati, in pratica) vanno aiutati con supplementi, mentre gli altri, anche se perdono più del 10% del peso nascita, possono essere solo sorvegliati.

Quando mi sono azzardato a dire che una permanenza in post partum di sole 48 ore per uno spontaneo e di 72 per un cesareo sono poche per la montata, dal Federico II di Napoli mi è giunta una nota che dice che in Svezia la dimissione avviene entro le 12 ore e che si supplisce ad eventuali problemi di allattamento mediante una rete domiciliare di persone che assistono la donna. Il problema è che questa è l’Italia: non ci sono risorse per gli ospedali, figuriamoci per una rete domiciliare. Qui al massimo ci sono associazioni di volontariato gratuite oppure le IBCLC che però sono a pagamento (e non tutti si possono permettere di pagare per avere assistenza all’allattamento al seno).

In tutti e tre i casi quello che si nota è una sorta di sfida alla fisiologia associata ad una notevole dose di fatalismo: la regola è quella di NON DARE NULLA DI DIVERSO DAL SENO, attaccare spessissimo, spremere e succhiare le mammelle con un tiralatte ed intervenire solo quando ci siano segni di squilibrio.

La logica direbbe invece che l’intervento debba esserci prima che gli squilibri si manifestino, anche perché il neonato mostra i segni della disidratazione quando questa è andata molto avanti (dopo 8-10, anche 15 giorni e con dei cali che qualche volta raggiungono il 15-25%) e quindi, per la correzione, richieda non più la semplice aggiuntina di latte artificiale o di liquidi ma un vero trattamento ospedaliero fatto di fleboclisi, fototerapie (in caso di ittero intenso) e comunque di mezzi tutt’altro che naturali.

Quello che a Roma si chiama “intignarsi” (insistere anche quando le evidenze sono contro) è abbastanza chiaramente configurato in questi comportamenti.

Ritengo una macroscopica incongruenza questo atteggiamento di conservazione di una regola che talvolta non funziona, cioè quella di dare al solo seno l’onore e l’onere di salvaguardare il benessere del bambino. Si circonda l’allattamento di un’aura angosciosa (“Attacca, attacca, sempre e comunque, se no….”) che certo non giova all’innesco della cascata ormonale alla base della produzione di latte; si assiste senza far nulla, davanti agli occhi di una madre in ambasce, ad un calo progressivo di cui la madre stessa si sente l’unica responsabile; si fermano tutti i possibili sistemi di contenimento del calo e della disidratazione intervenendo solo quando ci sia testimoniata ipersodiemia che va rilevata attraverso un prelievo di sangue (quanto di meno auspicabile per un bambino nato sano a termine che si deve beccare un ago in vena solo per poter dire al mondo che c’è bisogno di un supplemento….quando questo bisogno lo grida la clinica: “Caro pediatra, se continuo a calare e la mia disperazione mi fa ciucciare come un forsennato una mammella ancora vuota, magari è il caso che tu mi dia qualcosa per calmare questo impellente bisogno e non aspetti di aggiungere un buco con l’ago a questa mia già abbastanza disagevole situazione …..oppure che io svenga o vada in coma”).

Parliamo di un evento naturale quando nominiamo l’allattamento, no? Bene: allora vorrei mi fosse spiegato perché la letteratura internazionale insiste sui pericoli della disidratazione ipernatremica (statisticamente incidente per il 3-4% di tutti i nati sani a termine o presso il termine e caratteristica degli allattati al seno nei primi 8-10 giorni), sui pericoli degli itteri patologici (percentuale altrettanto rilevante sempre in neonati allattati esclusivamente al seno), sul fatto che i cali eccessivi incidono pesantemente sul benessere di madre e figlio (e questi cali sono tipici nel 10% dei parti spontanei e circa nel 25% dei cesarei di elezione in assenza di travaglio, tutti verificati in neonati allattati esclusivamente al seno).

In un interessantissimo articolo su Pediatrics, Moritz (già nel 2005), diceva che disidratazione ipernatremica ed ittero patologico sono aumentati di incidenza dal momento in cui è iniziata la campagna di spinta sull’allattamento naturale propugnata dalla American Academy of Pediatrics sulla falsariga delle indicazioni OMS/UNICEF per l’Ospedale Amico del Bambino: l’ha addirittura denominata “breastfeeding-associated Hypernatremia” (ipersodiemia da allattamento materno).

Vogliamo allattare al seno? Certo: allora, dato che siamo nel 2015 (e non nel Medioevo o nelle Grotte di Postumia con una clava in mano) ed abbiamo i mezzi per controbilanciare quella quota (irrinunciabile) di soggetti che non vengono benedetti da una montata in tempi canonici (e che in altri tempi sarebbero probabilmente stati malissimo per non dire che sarebbero deceduti), usiamoli. Non possiamo, in nome di una naturalità che è tutta da vedere e da verificare, ridurci ad intervenire quando il bambino sta già male. Stare male NON E’ NATURALE. La montata viene comunque se alla donna si da il tempo di averla, se non si carica l’atto di allattare di significati mistici ed esoterici, se la si smette di dire che i bambini allattati al seno sono più belli ed intelligenti di quelli allattati con l’artificiale (cosa ASSOLUTAMENTE NON VERA) col risultato che la donna si sente ancora più gravata di responsabilità e di ansia, se la si finisce di dire (o di sottointendere) che la donna che non vuole o non può allattare condanna suo figlio a malattie e danni futuri, se finalmente si restituisce logica ad un atto tanto naturale quanto il respirare.

Dare un supplemento quando serve e sospenderlo quando non è più necessario non interferisce con la montata: la aiuta! Ed insistere a vuoto facendo sentire la madre sempre più frustrata ed il bambino sempre più insoddisfatto (e disidratato) non è il sistema migliore per risolvere problemi che, anzi, a volte si acuiscono al punto da portare molte donne alla decisione di rinunciare ad attaccare il figlio al seno virando verso l’alimentazione artificiale. Ecco: l’ho detto. Sono pronto alla crocifissione.

3 pensieri su “Per un efficace e duraturo allattamento al seno occorrono razionalità e motivazione ma…..

  1. Ecco, io ho vissuto in prima persona questo tipo di atteggiamento. La richiesta di un piccolo aiuto per il mio bambino in attesa del mio latte (sono anche medico!) è stata osteggiata: non avrai la montata lattea, allora non vuoi allattare, ecc. Io ero reduce dal parto, in preda a tempeste ormonali, capivo che c’era qualcosa che non andava in tutto questo, ma in quel momento non ho saputo pretendere. Naturalmente ero bersagliata dalle pioniere dell’allattamento a richiesta a tutti i costi, tanto che il bimbo veniva attaccato al seno per ore ed ore durante tutta la notte, con perdita di energie mie e sue, per il bene di chi? Nostro no di sicuro. Successivamente il mio bambino, dopo un calo di peso del 10%, ha faticato molto a prendere peso, tanto che ho dovuto cambiare pediatra, perché la prima a cui facevo riferimento mi aveva terrorizzata e voleva assolutamente che passassi all’artificiale, nonostante io di latte ne avessi: mi ha detto “il latte c’è, il bambino mangia e sta bene, ma cresce poco di peso perché il tuo latte è poco nutriente”. Per fortuna poi ho trovato una pediatra comprensiva, che ha valutato il bambino, sano sotto tutti gli aspetti, e abbiamo iniziato un percorso molto più sereno di allattamento e, adesso, di svezzamento. Adesso che leggo questo articolo mi rendo conto di quello che ho vissuto e mi chiedo perché; almeno ho fatto tesoro di questa mia esperienza e sono contenta di aver seguito il mio buon senso e istinto di madre e di essere stata sostenuta in questo anche da mio marito.

  2. Quando ho letto questo articolo ho pianto. A distanza di più di un anno (la mia bimba ha 14 mesi) ho rivissuto l’inferno di quelle giornate che stavano conducendo alla morte per malnutrizione mia figlia. Grazie all’artificiale lei ha recuperato, io mi sono beccata la depressione post partum.

  3. Ho potuto abbracciare mio figlio solo dopo 6 giorni, non mi permettevano di prenderlo perché era i incubatrice con il catetere ombelicale. Oggi ha sei mesi e non si attacca quasi più. … io continuo a tirarmi il latte ma è sempre poco….Ho provato di tutto, ma non importa a nessuno. …… tanto c’è il latte artificiale. Io continuo a tirare compatibilmente con il lavoro. Spero ancora di dargli solo il mio latte

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>