Atresia dell’esofago: una diagnosi facile….se ci si pensa e si sa cosa fare

 

AE-Tipo-39/4/2017

Ritengo sia importante segnalare questo caso clinico emblematico di atresia dell’esofago di III tipo (la più comune) non diagnosticata in utero ma brillantemente scoperta a poche ore dalla nascita, qui all’Aurelia Hospital, da una nostra infermiera pediatrica, la signora Cristina Cantina, a cui va tutto ed interamente il merito di questo atto medico, salvavita e salvabenessere della neonata. Siccome sono orgoglioso di lavorare con persone di questa preparazione e di questo livello voglio riportare le procedure corrette (e da lei suggerite al neonatologo in turno) in relazione alle manifestazioni cliniche in modo che, davanti ad un quadro clinico simile, tra le ipotesi diagnostiche si includa l’atresia dell’esofago, senza attendere le complicanze prima di fare diagnosi.

L’atresia dell’esofago è una malformazione congenita viscerale che riguarda, appunto, l’esofago e consiste nella sua mancata canalizzazione, cosicchè non c’è connessione la bocca e lo stomaco. Data l’origine embriologica comune tra esofago e trachea accade che nel sito dell’interruzione della continuità si formi una comunicazione, nel tratto residuo, tra vie respiratorie e vie digestive (la cosiddetta “fistola tracheo-esofagea”). Il punto in cui si interrompe la continuità del viscere quindi può essere variamente conformato; in rarissimi casi la fistola può non esserci ma di regola questa esiste e da origine a sintomi, post nascita, che dipendono dalla sua collocazione. In base al reperto anatomico si distinguono diverse situazioni (vedi figura).

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 Caso 1: Se la fistola non c’è i sintomi prevalenti sono addome piatto, ipersalivazione (il bambino tenta di inghiottire la saliva ma questa non raggiunge lo stomaco quindi si accumula per poi essere eliminata sotto forma di vomito o rigurgito.) Possibile concomitanza di patologie respiratorie da inalazione.

Caso 2: Se la fistola è superiore il tratto alto dell’esofago sbocca nella trachea: sintomi respiratori precoci e possibili broncopolmoniti ab ingestis

Caso 3: Se la fistola è inferiore i sintomi sono simili al caso 1 ma l’addome è disteso (l’aria che viene immessa nei polmoni passa, attraverso la fistola, nello stomaco e lo distende). I sintomi respiratori possono essere complicati da reflusso di materiale gastrico in trachea attraverso la fistola.

Caso 4: doppia fistola. Sintomi marcati sia digestivi (distensione addominale) sia respiratori (ingresso di materiali salivari/orali in trachea)

Caso 5: è il più complesso dato che l’esofago è intero ma, lateralmente, comunica con la trachea. Sintomi quindi eminentemente respiratori. In questo caso (il più raro) la diagnosi è estremamente diffilile dato che apparentemente il bambino si nutre normalmente ed è gravato soltanto da tendenza marcata all’ab ingestis

Ciò detto passo allo specifico. La bambina in questione, in assenza di diagnosi prenatale, è nata normalmente, ha avuto un regolare punteggio di Apgar, non ha mostrato alcun segno esteriore di patologia corrente e quindi è stata posta in semplice osservazione transizionale. Il sondaggio  trans-nasale all’atto della nascita non ha mostrato al neonatologo apparenti anomalie (ma è importante in questo caso vedere COSA esce dal sondino dato che in caso di atresia, seppure si riesca a progredire per un buon tratto, non si ha esito in materiale gastrico ma solo in liquido chiaro. Inoltre, dato che i primi atti respiratori vengono compiuti dal neonato con la glottide aperta e quindi c’è passaggio di aria nello stomaco, all’atto dell’introduzione del sondino, qualora si sia giunti nello stomaco stesso, si ha fuoriuscita di aria e “sgonfiamento” della bolla gastrica – cosa che nell’atresia esofagea non avviene -. Attenzione ulteriore: non ci si deve basare solo sulla progressione del sondino che essendo morbido può ripiegarsi su se stesso e dare la sensazione di scendere normalmente).

Già poco dopo la nascita la signora Cantina ha notato qualche desaturazione di ossigeno (iniziali segni di impegno respiratorio), distensione addominale e la tendenza ad eliminare abbondante quantità di fluido dalla bocca. Al sondaggio gastrico la sensazione da lei percepita era quella di una difficile progressione del sondino. Avvertito il neonatologo di turno si è deciso di effettuare una radiografia del torace per escludere patologia broncopolmonare ma, data la preparazione anche in materia chirurgica della nostra infermiera (che aveva intuito un possibile problema digestivo alto) e su suo suggerimento, tale radiografia è stata fatta ponendo un sondino radio-opaco in esofago. La vera astuzia, in questa strategia, sta nel fatto che anche se in teoria si potrebbe porre direttamente mezzo di contrasto in esofago, nel dubbio di una fistola superiore questo finirebbe, con immaginabili conseguenze, nelle vie respiratorie. Col sondino, invece, ciò non accade pur conservandosi la validità della procedura. Il risultato è stato l’osservazione di una mancata progressione del sondino il quale, ad un certo punto, si ripiegava su se stesso e tornava verso la bocca; inoltre la bolla gastrica risultava iper-espansa per ingresso di aria nelle vie digestive e la trama broncovascolare dei polmoni risultava accentuata per inalazione di materiale dalle prime vie digestive (cosa che spiegava,  insieme al sollevamento del diaframma dovuto all’espansione addominale, le desaturazioni) (vedi radiografia)

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La diagnosi quindi è stata di ATRESIA DELL’ESOFAGO DI III TIPO, CON FISTOLA INFERIORE.

Una nota per chi segue le gravidanze (ostetrici-ginecologi): quando alla morfologica lo stomaco appare “ipotrofico” e quando ci sia uno stato di polidramnios è bene sospettare sempre una atresia dell’esofago o, in seconda battuta, stati di mancata canalizzazione dell’apparato digerente (atresie intestinali, atresie anorettali, ecc.).

La nostra bambina è stata trasferita, su queste indicazioni diagnostiche, in ambiente chirurgico, sta bene e verrà operata entro le prossime 48 ore per la risoluzione del problema. La diagnosi tempestiva e l’immediato trasferimento hanno evitato le complicanze che, nel caso si fossero verificate, avrebbero reso più indaginoso il decorso.

Spero che queste indicazioni diagnostiche siano utili a riconoscere la patologia in tempo e a provvedere di conseguenza. Spesso, non pensando a tale evento, passano giorni prima di una diagnosi basandosi prevalentemente sulle difficoltà di alimentazione ma soprattutto sul progressivo peggioramento della situazione respiratoria. Grazie per l’attenzione ma, al di la di ogni altra cosa, grazie alla signora Cristina Cantina per la sua preparazione, per la sua umiltà e soprattutto per la sua professionalità

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