Latte vaccino e latte di proseguimento: i due antagonisti

Paragrafo 1: Premesse

1) Il latte vaccino, per la sua composizione, comunque sia trattato e modificato NON SOSTITUISCE efficacemente il latte materno. La promozione dell’allattamento al seno DEVE ESSERE FATTA sempre e comunque.
2) Il latte vaccino NON VA SOMMINISTRATO PRIMA DEL III MESE DI VITA
3) Il latte vaccino, dopo il III mese, può rappresentare un valido elemento di approvvigionamento di Calcio ed un altrettanto valido sistema per “presentare” all’intestino proteine pesanti e complesse, che ritroverà in seguito nella carne: ritengo sia un buon sistema per esercitare la mucosa intestinale alla loro digestione (evitando di somministrare, all’improvviso, tali proteine nel corso dello svezzamento ed essere costretti a rallentare lo svezzamento stesso in attesa che il sistema digerente divenga competente)
4) La somministrazione di latte vaccino, anche dopo il III mese, deve essere effettuata dopo avere apportato opportune modifiche allo stesso e solo ad inizio svezzamento (quando, al latte, si affiancano altri elementi nutritivi quali carne, farine, grassi vegetali, ecc.).
5) Il latte vaccino NON PUO’ RAPPRESENTARE L’UNICA FONTE DI APPORTO NUTRITIVO , discorso applicabile per intero, del resto, anche al latte materno.
A questo punto sorge una domanda: “Perché adoperare il latte vaccino invece delle formule di proseguimento?”.
Rispondo:
1) perché tra latte vaccino intero fresco opportunamente trattato e latte formulato di proseguimento NON CI SONO DIFFERENZE SOSTANZIALI nella composizione
2) perché, in base alla mia esperienza, il rapporto costo/beneficio del latte formulato di proseguimento è nettamente spostato verso il primo parametro.
3) Perché la modificazione del latte vaccino fresco è semplice, rapida, esente da rischi e fornisce lo stesso risultato in termini di valore nutritivo col vantaggio di conservare buone caratteristiche organolettiche (sapore, odore) rispetto al latte in polvere.

Paragrafo 2: Differenze latte vaccino/latte umano ed “umanizzazione” industriale del latte vaccino

E’ buona norma premettere che NULLA sostituisce il latte materno in quanto a composizione, digeribilità, fattori di protezione, bilancio nell'apporto calorico, equilibrio fra gli elementi nutritivi. Una madre va, quindi, incoraggiata ad allattare per il maggior tempo possibile, compatibilmente con la sua compliance, con il suo stato di salute, con gli impegni di lavoro, ecc. Non credo vi sia molto da discutere su questo argomento.
Nei primi 3 mesi di vita i sistemi metabolici del bambino e la immaturità del suo sistema digestivo lo rendono particolarmente vulnerabile. Questo spiega anche la ragione per la quale, in assenza di latte materno fin dai primi giorni, divenga opportuna la prudenza nell’uso delle formulazioni in commercio. Una mancata montata lattea costringe all’uso di latti di derivazione vaccina (o, nel caso vi sia positività per allergie nella storia della famiglia, di latti ipoallergenici) opportunamente trattati per renderne la composizione più simile a quella del latte materno. E’ doveroso ricordare che il latte formulato non è un semplice alimento ma può essere equiparato ad un preparato farmaceutico: deve essere somministrato secondo schemi precisi ed in relazione ai fabbisogni del singolo bambino. L’obesità infantile è uno degli effetti di errate somministrazioni (nella quantità e/o nella concentrazione) del latte artificiale.
Su quali versanti agisce l’industria alimentare per raggiungere lo scopo di rendere il latte vaccino simile al latte di donna e creare, quindi, latti in polvere formulati, adatti ai primi tre mesi di vita?
1) Diminuzione della concentrazione dei sali: il latte vaccino ne contiene in grandi quantità, se confrontate con quelle del latte materno. Gli elementi che spiccano maggiormente, nel gruppo, sono il Sodio, il Cloro, il Potassio, il Calcio ed il Fosforo. Questa operazione è essenziale per rendere compatibile l’osmolarità del latte con il potere di filtrazione del rene infantile.
2) Eliminazione o denaturazione di proteine potenzialmente allergizzanti (in particolare la Lattoglobulina, che nel latte di donna è scarsa, mentre nel vaccino si rileva in una certa quantità). Tale risultato si ottiene col CALORE al quale la lattoglobulina è particolarmente sensibile.
3) Modificazione della struttura della caseina: questa proteina “pesante” è presente anche nel latte di donna ma in una forma (alfa caseina) più confacente alle capacità digestive dell’intestino del lattante. La beta caseina, presente in percentuale significativa nel latte vaccino, ha una forma sferica, quindi gli enzimi riescono a degradarne solo la parte esterna, lasciando intatta la porzione nascosta. Quest’ultima, giungendo indigerita nell’intestino, induce fermentazione e modificazione della flora batterica (coliche, stipsi). Nel processo industriale la beta caseina viene PARZIALMENTE DENATURATA AL CALORE e con metodi enzimatici (idrolisi), col risultato che se ne perde la forma sferica e se ne aumenta la digeribilità.
4) Adattamento della concentrazione di carboidrati semplici (zuccheri): nel latte di donna la quota calorica maggiore spetta al lattosio che è contenuto in concentrazioni 3-4 volte superiori a quelle del latte vaccino. Si provvede a tale necessità AGGIUNGENDO DESTRINE E MALTOSIO (oligosaccaridi) di derivazione vegetale (senza glutine) al latte di mucca.
5) Adattamento nella composizione dei grassi: (nel latte di donna sono presenti, in più alte concentrazioni, acidi grassi polinsaturi (linoleico, linolenico, arachidonico)) Tale operazione consiste nell’AGGIUNGERE ALLA FORMULA ACIDI GRASSI POLINSATURI di derivazione vegetale (Mais, arachidi, olivo, ecc.).
6) “Fortificazione” del latte vaccino, mediante AGGIUNTA DI VITAMINE ED ELEMENTI MINERALI ESSENZIALI (Ferro, Rame, Zinco, ecc.)
La composizione del latte vaccino, così trattato, viene ad avvicinarsi a quella del latte materno, seppure con riserva. Infatti, per quanto i procedimenti volti all’adattamento, siano accurati e chimicamente corretti, il latte formulato rimane SEMPRE E COMUNQUE UN LATTE DI DERIVAZIONE VACCINA, con tutto ciò che ne consegue: fermentazione intestinale, stipsi, possibile insorgenza di intolleranze od allergie, chelaggio del Ferro (con relativa diminuzione della sua biodisponibilità), microemorragie intestinali (peraltro senza rilevanza patologica), ecc.

Paragrafo 3: Il latte “di proseguimento”

Queste modificazioni, apportate al latte vaccino per il suo uso nei primi mesi di vita, sono “spinte” se confrontate con quelle che vengono adottate nel caso dei latti di proseguimento. Questi ultimi, infatti, conservano caratteristiche tipiche del latte vaccino fresco, fatte salve le precauzioni sopra esposte riguardo alla composizione di base (zuccheri, osmolarità, grassi, ecc.). Sono latti utili nel periodo dello svezzamento in quei casi nei quali, non essendovi latte materno, deve essere assicurato un apporto adeguato di Calcio all’organismo in crescita. Spero che mai a nessuno venga in mente di consigliare, per quanto utile sia il latte nella nutrizione, di fornire ESCLUSIVAMENTE PER QUESTA VIA i nutrienti necessari al bambino in questa delicata fase della crescita (III-V mese). Nutrire un bambino solo con latte, in questo periodo (a meno che non si tratti di latte di donna ed anche in questo caso con riserva e con precisi limiti temporali), apre la porta a problemi carenziali talvolta gravi (anemie o simili). Risulta evidente che i latti di proseguimento debbono essere somministrati come supporto ad una dieta che comporti l’inclusione di elementi nutritivi di diversa derivazione (cereali, carne, verdure, tuberi, grassi vegetali, ecc.).
Data la vicinanza strettissima esistente tra latte formulato di proseguimento e latte vaccino fresco modificato, non si vede per quale motivo (se non strettamente economico) si debba privilegiare il primo e condannare il secondo. Dico questo perché l’indicazione all’uso del latte vaccino fresco è legata alle limitazioni ed alle condizioni che caratterizzano anche la formula (svezzamento in parallelo).
Ritengo utile richiamare le condizioni in cui l’uso del latte vaccino non soltanto è sicuro ma addirittura auspicabile:
a) dopo il III mese di vita
b) a supporto ed integrazione del divezzo
c) dopo opportuna modificazione ed acconcio trattamento
d) con gradualità
e) se non esistono controindicazioni (ad esempio una familiarità accertata per patologie allergiche od intolleranze alle componenti del latte vaccino).
Ognuna di queste limitazioni, del resto, vale anche per le formulazioni “di proseguimento”.
Riporto, di seguito, una tabella nella quale sono indicati i fabbisogni calorici/Kg di peso nei primi 36 mesi di vita.


ETA' (mesi)                          Kcal/Kg                            Kj/Kg
1                                                 115                                480
3                                                100                                 420
6                                                  96                                   400
12                                                96                                   400

Fonte : Commissione europea, 1993 (RDA del Regno Unito 1991)

Nei primi 3 mesi di vita è necessario un apporto maggiore in calorie totali, rappresentate in prevalenza da carboidrati e grassi (latte materno o formule adattate). Di fatto, in questa fascia d’età il bambino cresce prevalentemente in peso mentre l’allungamento corporeo e l’incremento della massa magra sono contenuti. In pratica il lattante si carica di energia sotto forma di grassi d’accumulo per affrontare la fase successiva, caratterizzata da un prevalente allungamento ed aumento della massa magra. La quantità di energia così accumulata rende possibile evitare di insistere, con la dieta, sugli elementi energetici dell’alimentazione, privilegiando quelli plastici. Da notare, inoltre, che a ridosso del III-IV mese, per effetto della rapida crescita, si assiste ad un ragguardevole consumo delle scorte di ferro neonatali. Questo significa che il bambino è candidato alla carenza di ferro o, in qualche caso, all’anemia carenziale, se non si interviene a reintegrare le scorte del ferro con alimenti che ne sono ricchi e dai quali è facilmente estraibile (la carne ed il pesce).
Dal III mese in poi, infatti, diminuisce sensibilmente (circa 15%) il numero di calorie/Kg/die ed è necessario cambiare la composizione degli alimenti.
Lo svezzamento, collocato intorno al III-IV mese, rende possibile bilanciare l’introito di alimenti in relazione alle mutate necessità dell’organismo in crescita.

Paragrafo 4: Come si adatta il latte vaccino

Le procedure di adattamento del latte vaccino sono molto semplici e rapide. Ne descriverò i passi rendendo ragione di quanto è necessario fare sulla base delle esigenze nutrizionali del bambino e sulla fisiologia del suo apparato digerente. Il prodotto che si ottiene dopo le modificazioni non è dissimile, in quanto a potere nutritivo, dal latte formulato “di proseguimento” che viene caldeggiato per i lattanti in fase di divezzo. Non ne differisce neanche per le possibili reazioni secondarie (intolleranze, allergie o simili). E’ buona norma ricordare sempre che i latti in polvere sono comunque latti vaccini trattati.

TABELLA DELLE DIFFERENZE TRA LATTE UMANO E LATTE VACCINO
Elemento                                                  donna                                        mucca
Caseina                                                       0.9                                              3,3 (>>>)
Lattoalb./Lattoglob.                                    0,6                                              0,6
(ma nel l.v. >>> Lattogl.)
Lattosio                                                         6                                                  4,8 (<<<)
Oligosaccaridi                                             1                                                   0,1 (<<<)
Grassi totali                                                3,7                                                3,6 (---)
Ac. grassi saturi                                        1,9                                                  1,7 (---)
Ac. oleico                                                  1,28                                                 1,29
Polinsaturi                                                 0,39                                               tracce (<<<)
Sodio                                                          0,7                                                     2,2 (>>>)
Potassio                                                     1,4                                                     3,5 (>>>)
Cloro                                                          1,1                                                      2,9 (>>>)
Calcio                                                            30                                                    150 (>>>)
Fosforo                                                       14                                                     150 (>>>)

 

La tabella è utile per osservare le principali divergenze di composizione tra latte di donna e latte di mucca ed il razionale delle modificazioni che è necessario apportare per rendere il latte di mucca compatibile con le capacità digestive del divezzo.
La diluizione: atto volto a diminuire la concentrazione dei sali e delle proteine. Per ottenere lo scopo è opportuno usare un’acqua OLIGOMINERALE, cioè a basso contenuto di sali disciolti. La quantità di sali è espressa in gradi di durezza dell’acqua stessa ma, molto più semplicemente, può essere dedotta dalla lettura, sull’etichetta, di un parametro detto “residuo fisso a 180 gradi”. Se il valore di questo parametro è uguale od inferiore a 600 mg/l (o 0,600 g/l, che è lo stesso) l’acqua è adatta alla diluizione del latte ed alla preparazione delle tisane. L’opportunità di ridurre la concentrazione in sali deriva dall’immaturità dell’apparato renale del bambino d’età inferiore ai 12 mesi. Il carico salino che arriva al rene dal sangue non deve superare un certo valore per essere efficacemente filtrato e quindi creare le condizioni per un ottimale equilibrio fra sali disciolti nell’organismo e quantità totale dell’acqua. Un eccesso di sali può determinare ritenzione idrica. Non solo: alcuni sali (Sodio, Potassio, Calcio, ecc.) debbono essere presenti, nell’organismo, in concentrazioni ben precise, al di sopra ed al di sotto delle quali possono verificarsi disturbi anche gravi nella trasmissione degli impulsi nervosi, nella contrazione muscolare, nella funzionalità del cuore, ecc.
E’ doveroso sottolineare, comunque, che il latte vaccino intero, anche se non diluito, ha sicuramente una più alta concentrazione di sali rispetto al latte di donna, seppure su valori vistosamente inferiori a quelli tollerabili dal rene infantile. La soglia renale del lattante è di circa 400 mOsm/l mentre il latte vaccino intero non diluito fornisce un carico massimo che è di circa 280 mOsm/l.
Scopo ulteriore della diluizione è quello di diminuire la concentrazione di beta caseina, della quale si è parlato in precedenza. La caseina è presente, seppure in bassa concentrazione, anche nel latte di donna, ma in una forma (alfa caseina) più facilmente digeribile. Quando parlo di “forma” intendo proprio ciò che dico e cioè la struttura che la proteina assume nello spazio e che la rende più o meno aggredibile dai succhi digestivi, garantendone una completa degradazione, senza residui fermentescibili. L’alfa caseina ha la forma di un filamento, cosa che la rende attaccabile dagli enzimi su tutta la sua superficie. La beta caseina possiede invece una forma aggrovigliata che la fa assomigliare ad una sfera. Per tale ragione risulta facilmente degradabile solo la porzione superficiale mentre la parte profonda, vicina al centro della “pallina”, rimane digerita solo parzialmente determinando fenomeni di fermentazione intestinale ad opera della flora batterica. Con l’aggiunta di acqua, del resto, data l’abbondanza di caseina presente nel latte vaccino, non si incide in modo sostanziale sulla quantità totale di proteine. Pur ridotta al 50% della concentrazione, la presenza di elementi proteici nel latte vaccino è superiore di circa il 60% a quella del latte di donna intero.
Nella primissima fase dello svezzamento (8-15 giorni a partire dal compimento del III mese di vita) il latte deve essere diluito a metà con l’acqua; dopo questo periodo iniziale si procede ad una diluizione meno spinta (75% latte e 25% acqua) che però deve essere mantenuta invariata fino al’anno d’età.
L’adattamento delle proteine: si è intuito che la composizione in proteine del latte vaccino differisce da quella del latte di donna. La frazione prevalente in quest’ultimo, infatti, è rappresentata da “lattoalbumine” e da alfa caseina, mentre nel latte vaccino sono preponderanti la beta caseina e le lattoglobuline. I problemi insiti nella composizione riguardano solo in parte il potere nutritivo: una proteina qualsiasi, se completamente digerita, fornisce comunque gli stessi aminoacidi di un’altra: magari in proporzioni diverse, ma sempre gli stessi. Si incontra qualche difficoltà, invece, quando si va a determinare la possibilità intrinseca di una proteina di essere completamente utilizzata dall’organismo per i suoi scopi. Oltre a ciò, alcune proteine hanno la capacità di provocare, nell’organismo, reazioni immunitarie che portano ad allergie. Nel latte vaccino la principale responsabile di questo fenomeno è la lattoglobulina.
L’ostacolo presentato dalla “forma” della caseina (che, come visto, la rende solo parzialmente digeribile) e dal potere allergizzante della lattoglobulina, può essere risolto da una sorta di “predigestione”, cioè dalla loro parziale denaturazione (che rende la caseina meno complessa nella forma e la lattoglobulina non più capace di indurre fenomeni allergici). Il metodo più rapido e semplice per ottenere lo scopo è quello di esporre il latte al CALORE. Il riscaldamento del latte a “bagnomaria”, ponendo il biberon col latte già diluito in un pentolino d’acqua che bolle, per un tempo medio di 5-6 minuti, provoca degradazione della lattoglobulina e denaturazione parziale dell’alfa caseina, con intuibili ripercussioni sulla digeribilità del latte stesso e sul suo potere allergizzante.
La ricostituzione degli zuccheri: la diluizione del latte vaccino più sopra indicata, se da un lato rende compatibile l’alimento con le capacità digestive del lattante, dall’altro determina un sensibile calo nella quantità totale di calorie. In pratica assicura una buona concentrazione di elementi proteici e di sali ma abbatte drasticamente la quota pertinente agli zuccheri ed ai grassi (di questi ultimi si parlerà nel paragrafo seguente).
Il latte vaccino trae la sua quota calorica maggiore dalle proteine mentre il latte di donna la ottiene da un’alta concentrazione in carboidrati semplici (lattosio ed oligosaccaridi) che sono presenti in concentrazioni superiori, rispetto al vaccino, del 30% circa. Se si diluisce il latte la quota già scarsa di lattosio del latte vaccino, si abbassa ulteriormente, incidendo sul numero totale di calorie/100 ml e sul bilancio percentuale dell’apporto calorico (che, per il lattante in fase di divezzo, è del 60% in carboidrati, del 20-25% in grassi e del 15-20% in proteine). Risulta chiaro che, dopo diluizione, al latte vaccino deve essere aggiunta una quantità di zuccheri semplici analoghi al lattosio in quanto a digeribilità e facilità di assorbimento. A questo scopo si usano DESTRINE e MALTOSIO di derivazione vegetale in proporzione strettamente limitata alla quota che, dopo l’aggiunta di acqua, viene a rendersi necessaria per raggiungere la concentrazione di carboidrati del latte di donna e cioè circa 5 gr. per 100 ml di prodotto nel latte diluito al 50% e di circa 3,5 gr. per 100 ml in quello diluito al 25%.
La ricostituzione dei grassi: il discorso fatto più sopra per gli zuccheri, vale anche per i lipidi. Tenendo presente che nel latte di donna la loro concentrazione è molto simile a quella del latte vaccino, l’unica attenzione necessaria va posta nella composizione percentuale dei vari acidi grassi che, nel complesso, formano la frazione lipidica dell’alimento. Nella mucca sono carenti gli acidi grassi polinsaturi (Linoleico, linolenico, arachidonico) che invece rappresentano una quota più consistente nel latte di donna. Si supplisce a questa differenza aggiungendo olio d’oliva o di semi (Mais o arachide) alla miscela, nella proporzione di 2 gr. per 100 ml nella diluizione al 50% e di 1,2 gr. per 100 ml in quella al 25%.
L’olio di oliva ha due inconvenienti: ha un sapore che altera, anche se limitatamente, quello del latte e possiede, come frazione principale, l’acido oleico (monoinsaturo); l’olio di semi, invece, presenta il vantaggio di essere pressochè insapore ed è più fisiologico in quanto a composizione (frazione di polinsaturi prevalente). Ai fini della nutrizione, però, dato che stiamo parlando di lattanti in fase di divezzo (che traggono elementi nutritivi anche da altri alimenti), l’uso dell’uno o dell’altro è indifferente.
 

COMPOSIZIONE DEL LATTE VACCINO DOPO “ADATTAMENTO”
Elemento  donna    mucca     mucca 50% rigen.      mucca 75% rigen.
Calorie tot.    70           66                     71                                 72,3
Caseina        0,9         3.3                    1,7                                 2,5
Zuccheri tot.  7             4,9                   7,9                                 7,6
Lattosio          6            4,8                    2,4                                  3,6
Oligosaccaridi  1        0,1                    5,0                                   5 4
Grassi tot.    3,7           3,6                     2,7                               3.51
(olio oliva)
                                                                  3,6                                  3.9
(olio mais)
Ac. Oleico  1,28          1,29                  2,25                                  1,76
(olio oliva)
                                                                1,25                                  1,28
(olio mais)
Polinsaturi 0,39          0,25                 0,30                                    0,28
(olio oliva)
                                                                1,12                                   1,19
(olio mais)
Saturi           1,9            1,75                1,19                                     1,47
(olio oliva)
                                                                 1,15                                    1,45
(olio mais)


Vorrei richiamare l’attenzione sulla composizione del latte vaccino modificato poiché sarà mia cura confrontarla con quella dei latti “di proseguimento”, consigliati in fase di divezzo a partire dal III mese di vita (sec. Direttive ESPGAN)


Elemento               ESPGAN               vaccino 50%                   vaccino 75%
Calorie totali              60-85                       71                                     72,3
Proteine totali             2-3,7                        2,3                                     3,1
Carboidrati              5,7-8,6                        7,9                                      7,6
Lipidi totali                2-4                             3,7                                       3.5
Acido linoleico       >0,30                           0,30                                   0,28 (olio di oliva)
                                                                       1,12                                  1,19 (olio di mais)

La cosa che salta immediatamente agli occhi è la perfetta aderenza ai fabbisogni che il latte vaccino, opportunamente trattato, presenta riguardo ai canoni stabiliti dall’ESPGAN, organo Europeo di riferimento per lo studio ed il controllo dell’alimentazione delle popolazioni pediatriche.
Mi preme inoltre riferire che la composizione dei latti “adattati” (più simili al latte materno) che io stesso ritengo utili nell’allattamento artificiale nei primi 3 mesi di vita, differisce in modo evidente da quella dei latti di proseguimento (e quindi anche del latte vaccino trattato) per:
a) un più basso tenore di grassi totali (1,2-1,9)
b) una maggior percentuale di Acido Linoleico rispetto alla quantità totale di lipidi (dato che nel lattante non divezzato non esistono altre fonti di approvvigionamento di questo essenziale acido grasso polinsaturo)
c) Una denaturazione più spinta delle proteine (Caseina e Lattoglobulina) con parziale eliminazione della Caseina (rapporto Cas./Sieroprot. = 40/60)
d) Una drastica sottrazione di elettroliti (Sodio, Potassio, Cloro, ecc.)
(ESPGAN 1981)
Come si osserva agevolmente, nel bambino in fase di divezzo la necessità di “umanizzare” il latte è notevolmente minore. La maturazione del suo apparato digerente e dei suoi sistemi enzimatici gli consentono un’efficace utilizzo dei nutrienti contenuti nel latte vaccino e nelle formule di proseguimento.
Secondo la mia esperienza la diluizione del latte e la sua correzione debbono comunque essere mantenute almeno fino all’anno d’età. Dal IV all’VIII mese, infatti, il peso tende ad aumentare con lentezza e gradualità. Il fabbisogno di proteine/Kg, quindi, tende a stabilizzarsi per un periodo di tempo piuttosto prolungato. In considerazione del fatto che il bambino, in questo periodo, assume alimenti ricchi in proteine anche da fonti diverse dal latte, per evitare di superare la quota stabilita dall’ESPGAN (circa 2 gr./Kg/die) e per rispettare contemporaneamente il fabbisogno di Calcio, è utile mantenere basso il tono proteico derivante dal latte in modo da poter agire su quello assicurato dalla carne, ricca in Ferro e quindi maggiormente richiesta da un organismo in rapido sviluppo.