La comunicazione nell'educazione (S. Tasca - L. Orsini)

I presupposti per il buon funzionamento di una Società sono il senso di responsabilità degli individui, la solidarietà, la produttività e la coesione tra esseri umani. Tutti questi valori s’insegnano, in prima istanza, nell’ambito della famiglia, fin dalla più tenera età.
Senza la pretesa di fornire ricette universali per la soluzione dei problemi sociali, si analizzeranno in questo breve capitolo, le caratteristiche principali della comunicazione e della struttura della famiglia. Lo scopo è di portare alla superficie i punti fermi riconosciuti come validi alla luce delle attuali conoscenze, senza che vi sia interferenza da parte delle più o meno interessate voci dei mezzi di comunicazione di massa.
Mi scuso fin da ora se alcune affermazioni potranno apparire ovvie: essendo un discorso non facile è necessario partire da premesse semplici per arrivare, gradualmente, al nucleo del problema.

Comunicare significa mettersi in relazione col prossimo inviando messaggi che siano recepiti. L’invio e la ricezione sono i cardini della comunicazione: se uno dei due viene meno, non può esistere trasmissione di dati e quindi comunicazione.
E’ fondamentale individuare alcuni punti fermi che, per quanto siano quotidianamente adottati da ognuno di noi, raramente giungono a livello conscio ed ancor meno sono valutati nella loro importanza.
La loro conoscenza aiuta a capire alcuni “vizi” di relazione umana dipendenti da alterazioni nella trasmissione d’informazioni e di sentimenti. L’argomento è molto complesso ma cercheremo di renderlo più scorrevole con degli esempi.

LE BASI (mutuato da P. Watzlawick "Pragmatica della comunicazione umana")
1) Non comunicare è impossibile. Dire ad una persona “Non ti parlo più” o voltarle le spalle ed andarsene oppure, ancora, distogliere lo sguardo mentre sta parlando pur rimanendo presenti, sono tre modi diversi di trasmettere lo stesso messaggio, anche se, apparentemente, sembrerebbe, nel secondo e terzo caso, che non vi sia comunicazione. Questo sta a dimostrare che a volte si trasmettono informazioni anche senza accorgersene. Acquisire il concetto di comunicazione non verbale è importante perché 2) ogni comunicazione è composta di un argomento (contenuto) e di un “modo di dirlo” (relazione). Ad esempio la parola “siediti” (contenuto) può essere detta gentilmente o imperiosamente (relazione) cambiando, in tal modo, il suo significato sociale (nel primo caso è un invito, nel secondo un ordine). La situazione ambientale, il tono di voce, l’atteggiamento del corpo, la gestualità, rappresentano altrettanti veicoli che trasportano informazioni di completamento di ciò che si dice o di ciò che “si vorrebbe dire in realtà”. Ogni messaggio esprime o una relazione di comando oppure una richiesta di collaborazione. Si perviene quindi al punto successivo: 3) tutti gli scambi d’informazioni sono basati sulla SIMMETRIA fra i comunicanti o sulla loro COMPLEMENTARIETA’. La simmetria configura una situazione nella quale i soggetti in comunicazione tra loro, si pongono, l’uno nei confronti dell’altro, ad armi pari (sullo stesso livello): la prevalenza si stabilisce, in questo caso, non tanto con i contenuti ma con le relazioni (alzare il tono della voce, gesticolare, ecc.). Se la prevalenza di uno dei comunicanti è stabilita e riconosciuta da entrambi, la persona emergente renderà “complementare” il suo interlocutore, con il quale non dovrà fare sforzi per essere ascoltato. In tal caso il contenuto della comunicazione è privilegiato rispetto alla relazione. Un esempio della prima ipotesi (simmetria) può essere quello di due persone che fanno il tifo per squadre diverse, le quali, dopo la partita, cercano di convincersi a vicenda sulla bontà delle azioni effettuate dai propri beniamini; la seconda ipotesi, ad esempio, quella del professore che fa lezione ad uno studente: egli non avrà certo bisogno di alzare la voce o di gesticolare per essere silenziosamente ascoltato dal suo interlocutore, giacché quest’ultimo gli riconosce senza discussioni un ruolo preponderante. Ovviamente, affinché si realizzi uno scambio d’informazioni, è necessario che, alternativamente, gli interlocutori siano complementari l’uno all’altro. In caso contrario, cioè se ognuno rimane in posizione simmetrica, s’interrompe il passaggio d’informazioni (quindi la comunicazione), 4) finché non interviene un fattore, interno od esterno ai comunicanti, che stabilisca un punto fermo dal quale osservare la composizione del rapporto e modificarla. Quest’assioma è denominato “punteggiatura”. Un esempio classico può essere quello di due coniugi che non si parlano perché lui pensa “non mi capisce” mentre lei ritiene inutile il dialogo perché il marito “non ascolta”: se non interviene un fattore di modifica della situazione, la simmetria rimane costante bloccando ogni passaggio d’informazioni. Per concludere, è importante tener presente che 5) le forme della comunicazione possono essere diverse ma ugualmente efficaci: con le PAROLE si trasmette elettivamente informazione mentre COL LINGUAGGIO NON VERBALE si privilegiano gli stati d’animo ed i sentimenti.

FORME NORMALI E PATOLOGICHE DELLA COMUNICAZIONE
In ogni forma di relazione umana sono importanti, di là da ogni teoria (pur importante da conoscere), le forme della comunicazione ed il loro significato sociale.
Sarebbe auspicabile, soprattutto nell’ambito della famiglia, che fossero note le conseguenze di un’errata comunicazione. La normalità si configura nella chiarezza. Sembra un concetto intuitivo e scontato ma, nella realtà, le conferme o le smentite riguardo alla propria opinione, non sono mai così nette e trasparenti. Per una comunicazione efficace e, soprattutto per evitare conseguenze patologiche a lungo termine, i messaggi dovrebbero possedere solo un contenuto chiaro di approvazione o di rifiuto, ed una relazione che esprima effettivamente il proprio stato d’animo.
I messaggi patologici possono essere riassunti come segue:
- Doppio messaggio: quando esiste discordanza tra contenuto e relazione, opposti tra loro in un solo messaggio. Ad esempio: offendere una persona usando un tono di voce ed un atteggiamento tipici di chi fa un complimento.
- Messaggio paradossale: il classico esempio è dire ad un timido: “Non essere timido” oppure “Sii spontaneo”; non essere spontaneo è un atteggiamento “spontaneo” in una persona, quindi il paradosso è chiedere una spontaneità “non spontanea” ma auto imposta.
- Mistificazione: avviene quando uno degli interlocutori tratta l’altro in modo da lasciargli intendere che ogni sua azione ed ogni pensiero non hanno valore ed importanza. L’esempio migliore è riassunto nella frase: “So io quello che è bene per te”.
- Svalutazione: si realizza quando, come risposta ad una sollecitazione, si lascia intendere, più o meno chiaramente, che il messaggio ricevuto non ha senso od importanza alcuna (così come la persona da cui proviene). La frase che riassume questa situazione è “Non capisci niente, stai zitto!”.

LA COMUNICAZIONE NELL’EDUCAZIONE
Saper comunicare rende meno difficile il lavoro agli educatori. Basandosi su poche, semplici regole (vedere anche la sezione sulle “abitudini”) che tengano conto delle tappe di maturazione del sistema nervoso e della psiche infantile, si può, con opportuni accorgimenti, tracciare un percorso relativamente agevole sul quale avviare la prole.
E’ opportuno, peraltro, tener presenti alcuni punti importanti che, di seguito, elencheremo:
1) COERENZA: fornire le informazioni senza contraddizioni
2) ACCORDO COL PARTNER: condizione irrinunciabile per evitare disorientamento. Il padre e la madre debbono trasmettere le stesse informazioni.
3) ESEMPIO INTRAFAMILIARE: le informazioni che si trasmettono dovrebbero sempre essere rafforzate dall’attiva applicazione quotidiana.
4) COMUNICAZIONE SANA: tener conto che i bambini sono persone con le quali si ha il dovere di dialogare in modo non coercitivo e chiaro (pane al pane…). Va posta attenzione, in ogni caso, alla fase di maturazione del bambino ed al suo grado di elaborazione mentale, così da essere sicuri della comprensione.
5) TEMPO: una quota delle proprie ore deve essere dedicata soltanto ai figli, senza interferenze esterne (telefono, discussioni). Il bambino deve imparare a convivere col lavoro dei genitori, non a considerarlo un rivale.
6) EVITARE DI METTERSI IN CATTEDRA: il bambino deve intrattenere un rapporto fisiologico coi propri genitori i quali, per ottenere risultati apprezzabili, eviteranno ogni atteggiamento di superiorità. Bisogna insistere sul ruolo dell’esperienza vissuta, facendo capire al bambino che, per imparare, è normale anche compiere degli errori (e che gli stessi genitori ne hanno compiuti, prima di divenire adulti).
7) CERCARE LA COLLABORAZIONE: i figli vanno coinvolti nelle azioni quotidiane ma non comandati. Questo significa, ad esempio, fare insieme dei lavori (apparecchiare la tavola, costruire un gioco, farsi aiutare in un lavoro). La finalità di questa strategia è di insegnare MENTRE si compie un’azione, col vantaggio di far sentire al bambino la propria disponibilità a considerarlo utile.
8) USARE SEMPRE FORMULE DI CORTESIA: ad esempio ringraziare sempre per un piacere ricevuto, chiedere le cose per favore, ecc.
9) LIMITARE LE PROPRIE ATTESE: significa non investire troppo sulle forze e sull’intelligenza del proprio figlio. Ad esempio, per quanto riguarda lo sport o la scuola, valutare i risultati in conformità a quanto il bambino può dare, senza pretendere a tutti i costi un campione od un primo della classe. La delusione che si può ricevere si rifletterà inevitabilmente sul proprio modo di relazionarsi al bambino stesso (“ma guarda: ti sei fatto superare! Sei un incapace”).
10) RISPETTO PER LA LIBERTA’ INDIVIDUALE: il bambino deve imparare a conoscere diritti e doveri, vivendo giorno per giorno in un clima di reciproca considerazione degli spazi e delle possibilità.
11) EVITARE LA COERCIZIONE: il bambino non deve essere costretto a fare cose che non si sente di fare o per le quali non è portato, solo per assecondare le aspettative dei genitori (vedi al n. 9 e 10).
12) OBIETTIVITA’: meriti e demeriti del proprio figlio devono essere valutati serenamente. Ad esempio bisogna evitare di ricercare le cause di un cattivo comportamento fuori casa (a scuola od in comunità) al di fuori del bambino (“I maestri l’hanno con lui” oppure “Sicuramente non ha iniziato lui”). Inoltre è opportuno non prendere sempre per oro colato quanto il bambino sostiene (per evitare una punizione i bambini tendono ad attribuire ad altri colpe proprie): è utile invece indagare con tatto quanto riferito, prima di prendere provvedimenti.