Nell'Aprile 2004 venni invitato su RAI RADIO2 a tenere una trasmissione in più puntate intitolata proprio l'ALFABETO DELLA PEDIATRIA. L'altro giorno ne ho ritrovato gli appunti ed ho pensato che potessero essere messi a disposizione dei genitori qui sul mio sito. Per questo motivo li ho ampliati, aggiornati e trasformati in testo. Buona lettura, dunque. Avverto che si tratta di una pubblicazione "a puntate" quindi chi voglia sapere qualcosa sul "Vomito" dovrà aspettare la lettera "V".

LETTERA "A"

ALIMENTAZIONE

 E’ un cardine assoluto e costituisce garanzia di costruzione di un adulto sano e longevo. Attraverso un’adeguata educazione alimentare (che inizia nella primissima infanzia) si attua una efficace prevenzione di malattie metaboliche dell’adulto (Diabete, ipertensione, iperlipidemie, ecc.). Va curata già dall’inizio promuovendo l’allattamento al seno per il maggior tempo possibile. Va commisurata ai fabbisogni reali e non teorici del soggetto, considerando che ognuno ha il suo metabolismo e quindi ha esigenze peculiari. Purtroppo agli aspetti nutrizionali viene data, da molti colleghi, un’importanza marginale lasciando ai genitori scelte e criteri che spesso non sono i migliori essendo il più delle volte condizionati da tradizioni e valutazioni non sempre vincenti.
I fabbisogni calorici teorici : entro il primo anno: 100/120 calorie/Kg; entro il secondo anno : 80/100 cal/kg; dopo i due anni : 60-80 cal. Kg.
Ruolo dei vari componenti: carboidrati=energia a rapido utilizzo; grassi= energia a lento rilascio e costituzione membrane cellulari/mielina; proteine=”mattoni” per la costituzione delle strutture.
Distribuzione percentuale dei componenti la dieta : entro i primi mesi di vita 65% carboidrati, 25% grassi, 15% proteine. 6° mese-primo anno: 65% carboidrati, 20% grassi, 15% proteine. Dopo il 1° anno: 60% carboidrati, 20% grassi, 20% proteine Mito della carne: va sfatato. La carne ed il pesce servono semplicemente per reintegrare alcuni aminoacidi essenziali, alcuni elementi (ferro in modo particolare) ed alcuni grassi particolari (omega3). Di proteine, come visto, ne servono relativamente poche (2-2,5 gr./kg al giorno) e non necessariamente di origine carnea o ittica. Il latte ed i latticini servono per il calcio (prevalentemente). Uova: fondamentali per vitamine e concentrazione in proteine. Verdure e frutta: vitamine, sali minerali e scorie.
Angosce materne di fronte all’alimentazione infantile (“Non mangia”…. ”E’ inappetente”….ecc.). Le prime età della vita sono caratterizzate da un legame estremamente forte tra il bambino e le sue figure di riferimento, specialmente la madre ed in particolare se c’è di mezzo l’allattamento al seno. Paure ed ansie generano meccanismi di ordine affettivo sugli eventi legati alla nutrizione. Occorre molta attenzione nell’essere obiettivi in merito sia alle quantità che alle qualità degli alimenti proposti. Sin dall’inizio del divezzo quindi va lasciata al bambino la facoltà di autoregolarsi, anche se questo significa vederlo mangiare apparentemente poco. Quel che va tenuto in ampia considerazione è il complesso della salute e la reattività generale. Come detto prima, il metabolismo è individuale e la genetica familiare impone rotte che non possono essere modificate se non al prezzo di instaurare squilibri. Inoltre consiglio per lunga esperienza di considerare l’alimentazione come un must e non come un optional nel senso che si mangia perché è irrinunciabile e non per far favori a qualcuno o per gratificarsi (“mangia se no mamma piange” oppure “se fai il bravo ti do quello che ti piace” oppure ancora “Pur che mangi ti do qualsiasi cosa tu voglia” o infine “Ma che bravo bambino: ecco un dolcetto”). Premiare con alimenti apre la porta a possibili problemi di cattivo rapporto col cibo da adulti.
Consigli pratici:
1) Iniziare presto a far prendere confidenza col cucchiaino e con alimenti “granulosi” (ad esempio la frutta fresca grattugiata)
2) Divezzare con alimenti naturali cucinati in casa ed usare poche farine ma passare subito a minestrine
3) Evitare di insistere non appena il bambino rifiuta. A tal proposito, per spiegare lo stato d’animo di un bambino che non ha fame posto di fronte ad un genitore che insiste per farlo mangiare, porto l’esempio che faccio sempre: immaginare di aver assunto una certa quantità di pastasciutta e di non volerne altra e pensare a come ci si sentirebbe se un gigante alto 3 metri (questa è la proporzione bambino/adulto) arrivasse e, con un’enorme forchettone, costringesse ad ingurgitare ulteriore pasta. Messa in questo modo si ammetterà che si tratta di una vera violenza.
4) Assicurarsi che sia garantito un apporto bilanciato in QUALITA’ e non in quantità
5) Grasso non è sinonimo di salute, anzi è spesso il contrario
6) Non indulgere in merendine, dolciumi o formaggetti dolci “pur di farlo mangiare”: l’abitudine al dolce uccide l’inclinazione ad assumere cibi correttamente composti ma “salati”
7) Incuriosire il bambino proponendogli piatti sempre differenti ed anche abbastanza complessi

 

ALLATTAMENTO AL SENO

Credo che più naturale del latte di donna non esista nulla. Vorrei ribadire, con questo contributo, che l’allattamento al seno, per un bambino, è fonte di enormi vantaggi. Ritengo (e l’esperienza diretta mi ha insegnato moltissimo su questo tema) che nutrire un bambino con latte materno sia auspicabile il più a lungo possibile e senza limitazioni se non quelle dettate dal buonsenso. Cercherò di fornire qualche informazione utile per ottenere rapidamente la montata e per garantire una produzione lattea efficace.
L’alimentazione con latte di donna
Corre l’obbligo di avvertire che la produzione di latte, dal punto di vista ormonale, è strettamente legata a fenomeni che avvengono durante l’ultima parte della gravidanza e durante il travaglio e l’espletamento del parto per via vaginale. Le donne che partoriscono naturalmente, quindi, hanno il vantaggio di usufruire, per la produzione di latte, della “spinta” fisiologica data dagli eventi relativi al parto stesso. Nondimeno va detto che alcuni analoghi fenomeni si avverano anche al di fuori del parto stesso (ad esempio la suzione del bambino, l’attacco al seno, le sollecitazioni neuropsichiche sull’ipotalamo, ecc.). Chi partorisce col taglio cesareo, quindi, ha lo stesso la possibilità di ottenere una lattogenesi ed una galattopoiesi efficaci, seppure più dilazionate nel tempo (anche 10-15 giorni).
Nel parto spontaneo la montata interviene tra la seconda e la quarta giornata dalla nascita e viene favorita da alcuni accorgimenti che enumererò qui di seguito:
1) Attacco precoce al seno. Già immediatamente (minuti) dopo l’espletamento del parto è molto utile (una volta assicuratisi che il bambino stia bene e sia in grado di essere dato alla mamma) cercare di attaccare il piccolo al seno. Questa metodica tende a rinforzare quello che si chiama “riflesso di suzione”, molto forte nelle primissime ore di vita. Se il primo attacco viene dilazionato oltre le 18-24 ore, il bambino tende ad attenuarlo o a perderlo rendendo più complesso l’attacco stesso. L’utilità di un contatto precoce sta anche nel fatto che vengono stimolati in modo significativo alcuni centri nervosi materni (ipotalamo) a partire da segnali che arrivano dalla psiche e scatenati proprio dal contatto col bambino. La somma di questi due fenomeni favorisce la secrezione di Ossitocina e Prolattina e determina vantaggi notevoli sia per il secondamento, sia per un iniziale ritorno dell’utero alle sue dimensioni normali.
2) Stimolazione frequente della mammella e del capezzolo. Nei primi 15-20 giorni di vita è estremamente utile attaccare il bambino il più spesso possibile (anche 15-20 volte al giorno, sia di giorno che di notte). Questa strategia consente al seno di evolvere in conformità con la crescita del bambino, fornendogli tutto ciò di cui necessita nei primissimi giorni di vita (Colostro, latte di transizione, latte maturo). Inoltre la stimolazione frequente rende più efficaci le sollecitazioni sull’ipotalamo e sull’ipofisi col risultato di accelerare la montata e la maturazione funzionale degli acini mammari (essenziale per una rapida evoluzione della qualità del latte e della sua quantità). A questo scopo è utilissima la metodica del rooming-in a partire dal giorno stesso del parto (o al massimo dal successivo, se il parto è stato particolarmente elaborato e la madre ha bisogno di riposo). La permanenza del bambino in stanza con la mamma, consente infatti a quest’ultima di intervenire personalmente quando il piccolo richiama, consentendole di attaccarlo al seno tutte le volte che ritiene opportune.
3) Razionalità nel condurre l’allattamento. Attaccare tutte le volte che il bambino lo richiede non significa necessariamente lasciarlo attaccato per ore ogni volta. Quando il bambino è al seno dovrebbe essere stimolato a succhiare: è la suzione infatti che provoca gli impulsi nervosi e le sollecitazioni meccaniche più efficienti per la produzione di latte. Il tempo medio per una poppata valida è di 15-20 minuti per seno.
4) Cercare di evitare le tensioni. Molte mamme (per tante ragioni) sono talmente coscienti dell’importanza del loro latte per il benessere del bambino, da essere in perenne dubbio che questo sia sufficiente o abbastanza nutriente. L’ansia che ne deriva è talora molto forte e dovrebbe essere evitata proprio perché interferisce con la produzione di latte. A seguito di questi dubbi, infatti, partono ricerche continue di conferma della propria “bravura” di nutrici, metodiche ansiogene come la doppia pesata (che non ha alcun senso), misurazione maniacale della crescita in peso, ecc.
5) Scelta razionale dei modi e dei tempi di allattamento. Ogni donna ed ogni bambino sono diversi. Non è pertanto utile costringere madre e figlio a seguire norme fisse ed inderogabili che non si confanno al loro temperamento e che sono di per se stesse fonte di tensione. Ogni donna ha in se i mezzi per decidere quali siano i fabbisogni del bambino e quali siano le strategie per soddisfarli senza trascurare i propri. Occorre infatti ricordare che il benessere del bambino passa irrinunciabilmente attraverso la garanzia del benessere di sua madre. Una donna stressata, stanca e perennemente in allarme sicuramente potrà anche essere una buona nutrice ma sul fronte affettivo molto meno efficace di una donna che, viceversa, razionalizza il suo comportamento in modo da conservare spazi per il riposo e per una qualche forma di attività (anche limitata) alternativa alla cura del piccolo.
6) Occorre ricordare che non tutti i richiami del bambino sono necessariamente per fame, specie dopo che la montata è divenuta piena ed il latte è maturato (dal 20° giorno di vita in poi). Alcuni di essi sono emessi per disagio, bisogno di contatto, sete. Porgere il seno ad ogni segnale del piccolo, quindi, è inutile. In merito alla sete occorre poi dire che la somministrazione di acqua (col cucchiaino o col biberon) risulta non solo utile ma, in alcuni casi, essenziale (disidratazione ipertonica). I bambini dovrebbero essere abituati anche a bere liquidi alternativi al latte che, ricordo, non è un semplice fluido ma un vero alimento, con caratteristiche chimico-fisiche diverse da quelle della semplice acqua (e con funzioni decisamente differenti).

Nel parto cesareo i procedimenti utili ad ottenere una buona produzione di latte ricalcano quelli appena descritti per il parto spontaneo con la differenza che i tempi sono notevolmente dilazionati. La montata, infatti, interviene più tardi (dato che l’estrazione chirurgica del feto non comporta alcun intervento ormonale da parte dell’organismo materno), tra la quarta e la ottava giornata. Un discorso a parte meritano i parti cesarei d’urgenza, che vengono espletati dopo un travaglio più o meno prolungato al termine del quale, per intervenute complicanze, si decide di operare. Lo stimolo ormonale determinato dalla fase di travaglio consente, in questi casi, di assistere ad una montata lattea in tempi sovrapponibili a quelli del parto spontaneo. Nel cesareo infine, a seconda del tipo di anestesia praticata (auspicabili sono l’epidurale e la spinale) è possibile che il rooming-in sia controindicato, nelle prime 24 ore, dalle condizioni postoperatorie della donna. In questi casi è consigliabile comunque portare il bambino dalla mamma il più spesso possibile in modo da poterlo attaccare con frequenza, pur mantenendolo (per le cure ordinarie) al nido nelle ore comprese tra una poppata e l'altra e finchè la mamma non sia in grado di provvedere autonomamente.


 

LETTERA "B"

BRONCHI

C’è da comprendere, sotto questa voce, tutto l’apparato respiratorio, sia alto (naso, faringe, laringe) sia basso (bronchi e polmoni, appunto). I primi anni di vita sono costellati da problemi (o supposti tali) ad un qualche livello di questo apparato. Una premessa occorre farla. Dal punto di vista immunitario i bambini sono “vergini”, nel senso che le loro capacità di difesa nei confronti delle aggressioni sia fisiche (caldo, freddo, umidità, inquinanti, polveri) sia biologiche (virus, batteri) sono molto alte ma poco direzionate. In definitiva non sono in grado di erigere sufficienti difese contro “tutto” proprio perché non sono ancora venuti a contatto con “tutto” e quindi non possiedono una memoria immunitaria efficiente. Questo rende ragione del fatto che facilmente e frequentemente vanno soggetti a malattie respiratorie, specie se vengono introdotti presto all’asilo dove la circolazione di germi e la permanenza in ambienti chiusi di molti elementi determina un aumento della carica batterica/virale. Va detto che un apparato respiratorio perfettamente e permanentemente “pulito” è raro da trovarsi nei primissimi anni di vita: riniti, tonsilliti, faringiti, bronchiti e via dicendo sono espressione dell’acquisizione da parte dell’organismo di un contatto con gli elementi ambientali verso i quali si sviluppano difese che nel prosieguo della crescita garantiranno l’immunità. Il sistema linfatico associato alle prime vie aeree (tonsille palatine, vegetazioni adenoidee, tonsilla tubarica, ecc.) è, nei bambini, particolarmente sviluppato proprio a questo scopo. Il fatto che ci sia alta frequenza di malattia non significa necessariamente debilità o cagionevolezza. I meccanismi alla base dell’immunità, lungi dall’essere contrastati, andrebbero invece favoriti. Diagnosi precoci, terapie efficienti e mirate nonché una buona dose di “fatalismo” e di serenità in occasione di queste manifestazioni morbose, sono gli ingredienti per ottenere rapidamente e fattivamente lo scopo di rendere il bambino immunocompetente. Qualche consiglio?
1) Sangue freddo ed assenza di ansie nel momento in cui ci si trova di fronte ad una malattia respiratoria
2) Contatto efficace col pediatra curante che dovrebbe sin dall’inizio diagnosticare la malattia ed impostare la terapia più adatta
3) Consapevolezza del fatto che queste intercorrenti malattie sono solo l’espressione fisiologica di un adattamento all’ambiente e che quindi non rappresentano (salvo in casi particolari) motivo di preoccupazione
4) Trattare la febbre in modo adeguato, senza attribuire a questo segno un valore eccessivo. Non sempre infatti a febbre elevata corrisponde malattia grave….talvolta accade l’esatto contrario
5) Non fermarsi a valutare la malattia intercorrente “in se” (nelle sue espressioni tipiche come rinite, tosse, catarro, ecc.) ma nel suo globale cioè nella sua capacità di influire sulle condizioni generali (vivacità, appetito, voglia di giocare, ecc.)
6) Non tenere a casa il bambino ad ogni colpo di tosse o ad ogni sternuto. Mettere i bambini “sotto cappa” protettiva, rallenta l’acquisizione dell’immunocompetenza. In caso di tosse, rinite, ecc. se non c’è febbre ed il bambino non è compromesso dal punto di vista generale, è possibile fargli fare una vita normale (asilo, passeggiate, ecc.)
7) Imparare che un’accurata pulizia del naso (sia nel sano – come preventivo - che nel malato – come terapia) è un ottimo modo per contenere le malattie respiratorie. L’ostacolo alla respirazione nasale, infatti, costringe il bambino a respirare con la bocca. Il naso filtra, scalda ed umidifica l’aria, quindi il “salto” di questo filtro determina facilmente l’ingresso di aria potenzialmente infetta, piena di pulviscolo, inquinanti ed a temperatura/umidità inadeguate….e questo può, più facilmente, determinare malattia

LETTERA "C"

COLICHE GASSOSE

Coliche addominali: le famigerate coliche gassose del lattante, esperienza comune a tutti i genitori. Come si verificano? Cause:
1) fermentazione di metaboliti indigeriti che vengono scissi dalla flora batterica intestinale con produzione di gas
2) sindrome da iperalimentazione (da latte materno)
3) eccessi di sostanze fermentescibili nel latte di donna (dovute ad esrrori alimentari della nutrice)
4) difetto di idratazione con rallentamento del transito intestinale (e quindi maggior tempo di permanenza del contenuto intestinale con possibile fermentazione) e stipsi
5) errori nella formulazione del latte artificiale (troppo concentrato)
6) citare recenti articoli che dicono che sulle “supposte” coliche gassose (pianto inconsolabile) influisce anche il comportamento genitoriale (ansia, ecc.)

Come si contengono in limiti accettabili?
1) mettere il bambino prono
2) dargli da bere liquidi alternativi al latte
3) eliminare o ridurre dalla dieta materna alimenti che possono favorirle (legumi, caseina, ecc.)
4) diluire il latte artificiale
5) affrontare con la dovuta serenità il fatto ed approcciare il bambino in modo sicuro e determinato, senza trepidazioni.

LETTERA "D"

DIARREA

Si ha a che fare spesso con questo problema che spesso non lo è affatto. Nell’allattato al seno, infatti, sono normali fino a 5-6 scariche al giorno. Molte mamme sono preoccupate da questo fenomeno che invece è del tutto normale ed evocato dal cosidetto riflesso gastrocolico.
In altre età la diarrea si distingue per il fatto che le scariche sono francamente liquide (acqua sporca con qualche residuo solido all’interno).
Provoca disidratazione e perdita prevalente di potassio. I liquidi vanno reintegrati ma va reintegrato anche questo elettrolita (quindi non basta l’acqua ma ci vogliono anche tisane).
Va eliminato l’apporto di tutto ciò che determina fermentazione ed accelerazione del transito intestinale (latte e derivati in modo particolare) fino a che non sia ristabilita in modo adeguato la funzione intestinale (48 ore o più, se necessario). Inoltre vanno somministrati alimenti con effetto astringente (riso, brodo di carote, patata, petto di pollo, ecc.)
Nei neonati a latte materno vanno sospese un paio di poppate di seguito e vanno sostituite con acqua o tisane molto diluite. Il latte materno va tirato ed eventualmente conservato ma non somministrato.