Il latte materno

Il latte di donna è, per il neonato, quanto di meglio possa esistere in tema di nutrizione, di protezione dalle malattie, di bilancio calorico e di “conforto” psicologico. Una madre “nutrice” ricava enormi soddisfazioni dall’allattare al seno il suo bambino
Sulla conoscenza dei fenomeni fisiologici alla base della secrezione di latte si basa il mantenimento efficace dell’allattamento al seno, veicolo di infiniti vantaggi per il bambino e quindi metodica da promuovere quanto più possibile e per il maggior tempo possibile.

Paragrafo 1: Cos’è la mammella e come funziona

La mammella è una ghiandola sudoripara modificata. Produce ed emette, sotto lo stimolo di determinati ormoni, un’emulsione di grassi, proteine e carboidrati contenente sali minerali, immunoglobuline, lisozima, nucleotidi e nucleosidi, Lattoperossidasi, aminoacidi e via dicendo.
Queste sostanze (in modo particolare i grassi e le proteine) si formano, per metabolismo, nel citoplasma di particolari cellule che rivestono al loro interno gli acini della ghiandola mammaria, sotto lo stimolo diretto della prolattina (ma anche dell’ormone tiroideo, dell’insulina e di alcuni ormoni della corteccia surrenale). La sintesi delle sostanze sopra citate (che avviene, come detto, all’interno delle cellule epiteliali) si accompagna alla produzione di un secreto acquoso, molto ricco di zuccheri che “sgocciola” continuamente all’interno dei dotti galattofori per un fenomeno di osmosi, talvolta arrivando fino al capezzolo ed all’esterno, a prescindere dalla suzione.
Si ha, per conseguenza, una produzione di latte “bifasica”: quella acquosa/zuccherina che viene prodotta ininterrottamente e quella proteico/lipidica che richiede più tempo per la sintesi e viene rilasciata a pousses.
In definitiva il latte, quindi, non ha la stessa composizione all’inizio ed alla fine della poppata. Infatti il primo ad uscire è quello più diluito e dolce, mentre quello di fine poppata è ricco in grassi e proteine, quindi più calorico (saziante).
Chi dirige la funzione della mammella è, come visto, un complesso sistema di stimoli neuro-ormonali che includono:
- Corteccia cerebrale (stimoli esterni di tipo visivo, uditivo, tattile, ecc. e stimoli sensitivi provenienti dal capezzolo)
- Ipotalamo (rilascio di releasing factors sulla base di informazioni provenienti dalla corteccia e sotto l’azione di afferenze nervose provenienti dal capezzolo succhiato)
- Ipofisi, che secerne, sotto il controllo dell’ipotalamo, la prolattina (deputata alla produzione del “latte proteico/lipidico” intracellulare) e l’ossitocina (che ha la funzione di “sprizzarlo” fuori dai dotti e dagli acini per condurlo all’esterno, nella bocca del bambino)

Come già detto i dotti si riempiono in continuazione di un gemizio acquoso/zuccherino. La porzione proteico/lipidica, invece, è custodita all’interno delle cellule di rivestimento degli acini e, una volta emessa, ha bisogno di tempo per riformarsi poiché richiede lavoro metabolico.
All’atto dell’attacco del bambino (ma talvolta basta solo “pensare” di allattare o “sentire il pianto del bambino” per attivare il riflesso di eiezione) un potente stimolo nervoso arriva a livello del sistema nervoso centrale e passa per l’ipotalamo che inizia a secernere i releasing factors. Quando questi arrivano all’ipofisi, inizia l’immissione in circolo di una scarica di ossitocina e di prolattina.
1) Ossitocina: l’ormone arriva a livello dei suoi recettori sulle cellule “muscolari” degli acini e dei dotti e le stimola a contrarsi. Un primo effetto di questa contrazione è l’eiezione di tutto ciò che è già presente all’interno dei dotti stessi (la “fase” acquoso-zuccherina). L’azione sulla superficie degli acini induce invece un “effetto spremitura” che determina l’apertura della membrana cellulare delle cellule di rivestimento, rigonfie come un serbatoio di sostanze proteiche e lipidiche. Il loro contenuto cade all’interno degli acini (nella parte cava) e successivamente nei dotti ed all’esterno. In questo modo arriva al capezzolo anche la cosiddetta “calata” del latte.
2) Prolattina: si era detto che la scarica di prolattina è contemporanea a quella dell’ossitocina, ma la sua funzione è notevolmente differente. Quando arriva ai suoi recettori (le cellule epiteliali di rivestimento ormai svuotate dall’azione di spremitura dovuta all’ossitocina) li stimola tanto da consentire alle cellule di produrre nuova sostanza per la poppata successiva. Alla scarica di prolattina segue, ovviamente, anche l’azione di diversi altri ormoni, più sopra citati.
In sintesi, quindi, possiamo dire che mentre la mammella è sempre pronta a rilasciare la fase acquoso/zuccherina del latte (quella che viene continuamente lasciata sgocciolare nei dotti), per rilasciare la fase lipidico/proteica richiede un po’ di tempo tra poppata e poppata (di norma circa 2 ore).
La sintesi e l’accumulo di grassi e proteine, infatti, è complessa e non avviene per semplice osmosi, come invece capita all’acqua ed agli zuccheri. In questo senso potremmo paragonare la mammella ad un “serbatoio” (che si svuota e si riempie periodicamente) più che ad un “rubinetto” (sempre in grado di fornire liquido con le stesse caratteristiche chimiche).

Paragrafo 2: Fattori favorenti la produzione di latte

Pensare ad un “automatismo” è, a questo punto, piuttosto facile. In realtà nella complessa catena di eventi che è alla base della produzione ed eiezione del latte, molti fattori si innestano e tutti sono ugualmente importanti nel determinare un’efficiente funzione della mammella.
Nella mia esperienza (ma non solo mia) sono risultati determinanti i seguenti elementi:
1) Condizioni fisiche e nutrizionali della donna: una buona alimentazione ed un adeguato introito di acqua evitano il riciclo di proteine, grassi, carboidrati e sali a partire dai costituenti organici della donna stessa. La produzione di latte, infatti, è privilegiata e quindi in mancanza di introiti alimentari, la costanza nella concentrazione del latte viene mantenuta riassorbendo e riutilizzando questi elementi a partire dai grassi di accumulo, dalle proteine e dal ferro muscolari, dai fosfolipidi delle membrane cellulari (ivi incluse quelle del sistema nervoso), dal calcio delle ossa e dei denti, ecc.
2) Condizioni psicologiche della donna: almeno due degli elementi della catena che porta alla produzione di latte svolgono anche funzioni di relazione: la corteccia cerebrale (sede del pensiero e delle attività di elaborazione del vissuto) e l’ipotalamo (dove risiedono centri nervosi che presiedono al mantenimento dell’omeostasi anche attraverso comportamenti istintuali. La fame, la sete, la rabbia, il desiderio sessuale, ecc. hanno a loro sede in questa porzione del paleopallium). A seguito di questa commistione di funzioni è possibile che alcune esperienze vissute (stress, dispiaceri, ansia, dolore, rabbia, timori, ecc.) possano agire da “inibitori” sui procedimenti finalizzati alla galattopoiesi che questi segmenti del sistema nervoso svolgono. Alla donna vanno quindi garantiti un ambiente sereno, un buon supporto psicologico dai membri della famiglia e la sicurezza che tutto va bene (o che a tutto c’è rimedio). Da evitare sono l’eccessiva stanchezza, le tensioni, i sensi di colpa, l’ansia, ecc. In questo discorso rientrano, ad esempio, i dubbi sull’efficacia della propria azione di donna e madre, le ansie relative alla correttezza delle proprie valutazioni sullo stato di salute del bambino, l’eccessiva (talvolta, ho notato, maniacale) importanza che si da alla crescita settimanale in peso, i consigli contraddittori di persone che circondano la nutrice (e che in buona fede cercano di indirizzarla), l’eccessiva aspettativa che proviene dall’allattamento in se, la paura di non essere “all’altezza” e via dicendo.
 

Paragrafo 3: Il ritmo delle poppate

Si dibatte se sia meglio, per la donna e per il bambino, adottare una regolarizzazione degli orari delle poppate oppure se lasciare che madre e figlio trovino un loro “ritmo istintuale”. Personalmente propendo per la seconda ipotesi poiché ogni bambino è diverso dall’altro e quindi anche le esigenze possono essere diverse. Incastrare in orari rigidi le poppate, tra l’altro, può dare origine a qualche problema di ingorgo mammario. In questo caso, se non interviene una detensione della ghiandola, si genera una stasi linfatica che, nei casi più inveterati, può portare anche alla mastite o ad un arresto nella produzione di latte.
Nei primi 15-20 giorni di vita, per favorire la galattopoiesi è consigliabile attaccare spesso il bambino, specie se esiste (durante il periodo della “montata”) una tensione particolarmente forte dei seni. Qualora la suzione non sia sufficiente è utile, per svuotare le mammelle, l’uso di un tiralatte. Una volta avviata la galattopoiesi può essere adottato un comportamento più regolare nella conduzione dell’allattamento.
Il “ritmo istintuale” (il termine è stato da me coniato) consiste nel “feeding on demand” con l’adozione di due semplici accortezze:
1) Il bambino, ad ogni poppata, dovrebbe restare al seno non più di 40 minuti (massimo 20 per mammella)
2) Il bambino, ad ogni poppata dovrebbe assumere una quantità di latte sufficiente a svuotare anche della “calata” (la porzione proteico/lipidica) almeno una delle mammelle. In questo modo si potrà contare sul senso di sazietà del bambino per poter avere, tra una poppata e l’altra, il tempo di far riposare la nutrice e di far agire i meccanismi metabolici che presiedono alla sintesi di nuovi grassi e proteine nel citoplasma delle cellule epiteliali acinari. Questo si ottiene stimolando il bambino alla suzione quando questi tende ad “addormentarsi” sul capezzolo (il che avviene regolarmente dopo i primi 4-5 minuti dall’inizio della suzione)
La poppata “on demand” così condotta tende a far acquisire sia alla madre che al bambino un “ritmo di poppata” che porterà all’effettuazione spontanea di 6-7 attacchi al giorno, con o senza pausa notturna. Il ritmo viene, in questo caso, stabilito prevalentemente dal bambino.
Di solito la poppata notturna avviene quando il bambino compie una pausa lunga durante il giorno. In genere non è prolungata e più che una funzione nutritiva riveste un significato affettivo, di rassicurazione. Garantisce un sonno migliore al bambino ma tende ad impedire il sonno della madre. Per ovviare all’inconveniente risulta importante che la nutrice possa, durante l’arco della giornata, trovare momenti di tranquillità in modo da poter riposare.
La poppata “ad orario” se scelta, dovrà essere ragionevolmente elastica. In pratica dovrà essere una poppata “on demand” in cui a stabilire il ritmo non è il bambino ma la madre. Evitare un’eccessiva rigidezza nel rispetto degli orari è assolutamente consigliabile ed è altrettanto importante far durare ogni poppata un tempo prestabilito in modo che la sommatoria dei tempi di attacco non superi (nelle 24 ore) le 2 ore (suddivise in 6 pasti da 20 minuti per ciascuna). Se ben condotta la poppata ad orario si trasforma automaticamente in una poppata on demand, poiché il bambino acquisisce rapidamente la cadenza, calibrando i suoi bioritmi sulle scadenze nutrizionali.
La poppata “on demand senza ritmo” prevede che la madre non stabilisca alcun tipo di regola né per quanto attiene al numero di attacchi né per ciò che riguarda il tempo di poppata. In sostanza attacca il bambino ogni volta che questi piange o manifesta disagio. Talora la mamma consente al bambino di dormire al seno anche per un’ora o più. Il senso di unione che se ne ricava è notevole e dal punto di vista psicologico, nei primi tempi dell’allattamento, questo è molto utile per instaurare un’intesa nella diade madre/figlio. Talora, però, in dipendenza dal temperamento degli elementi della coppia, possono generarsi fenomeni di dipendenza per cui il bambino richiede di attaccarsi anche se non ha appetito ed a qualsiasi ora. In questo caso possono verificarsi, nella donna, problemi di compatibilità dati dalla carenza cronica di sonno, dall’impossibilità di svolgere altre azioni quotidiane che non siano quelle relative alla cura del bambino, dalla difficoltà di intrattenere rapporti sociali (con il coniuge o con parenti ed amici) e dalla stanchezza.

Paragrafo 4: Criteri di scelta dei modi e dei tempi

Come è facile notare, in ogni metodica ci sono pro e contro ma tutte portano allo stesso risultato: una buona crescita ed uno stato di salute ottimale del bambino. La scelta della metodica si basa su diversi fattori:
a) La disponibilità di tempo: se la donna è mamma a tempo pieno ed ha chi l’aiuta in casa, la poppata “on demand” senza ritmo può essere molto gratificante. La condizione fondamentale è quella, però, di avere come unica attività da svolgere quella relativa alla cura ed all’allattamento del bambino.
b) La necessità di tornare a svolgere presto un’attività lavorativa: in questo caso la poppata “ad orario” garantisce il sonno notturno e quindi la possibilità di poter abituare il bambino a poppare in determinati orari che la madre sceglierà in base alle sue disponibilità (una volta che sia tornata alle sue normali mansioni professionali). E’ bene, se questo criterio viene adottato, che la fissazione degli orari avvenga il più precocemente possibile in modo che, quando arriverà il momento del “distacco”, il bambino sia già abituato da tempo.
c) Le condizioni psicofisiche della madre e la sua situazione familiare: l’astenia, l’anemia, la indisponibilità di persone di supporto ed aiuto per buona parte della giornata, l’ansia, ecc. sono fattori che, potenzialmente, controindicano l’allattamento on demand senza ritmo e che, per converso, si giovano molto dell’allattamento “on demand” con ritmo istintuale. Il numero di poppate giornaliere ed il tempo di poppata diminuiscono, lasciando alla donna il tempo di rilassarsi. La donna ha inoltre la certezza di incontrare i fabbisogni del bambino (e di non forzarlo) dato che è lui a scegliere quando attaccarsi (e questo diminuisce la tensione dovuta al pianto continuo che invece caratterizza la poppata on demand senza ritmo).
d) La disposizione caratteriale: alcune donne non sono semplicemente disposte a dedicare tutta la giornata alla cura ed alla nutrizione del bambino, scelta rispettabile e che non le rende necessariamente cattive madri. In questo caso la poppata ad orario o la poppata “on demand” con ritmo istintuale possono garantire alla donna di prendersi qualche spazio durante la giornata
Per ciò che riguarda i ritmi delle poppate, quindi (on demand o ad orario), non ne esiste uno migliore od uno peggiore: esiste semplicemente la necessità di scegliere quello più confacente alle proprie esigenze ed al proprio temperamento.
Essere gli artefici ed i progettisti di un personale modo di allevare il bambino (senza dover sottostare a convenzioni o costrizioni non condivise o verso le quali non si è portate caratterialmente o per motivi contingenti) è già di per se un ottimo sistema per garantirsi un lungo e proficuo allattamento.

Paragrafo 5: Allattamento al seno e rapporto madre/figlio

Allattare al seno è certamente di grande vantaggio sia dal punto di vista nutrizionale che da quello psicologico, per completare quel fenomeno naturale cosi "miracoloso" e stupefacente che è la nascita e la crescita di un nuovo essere umano. Risulta però talmente coinvolgente che espone a qualche rischio: alcune donne ritengono che "non allattare" o allattare "parzialmente" le renda meno mamme o, comunque, alteri il rapporto che si instaura col bambino inficiandolo irrimediabilmente. Ho osservato personalmente casi di madri oberate da sensi di colpa in ordine al fatto che il loro seno non ha collaborato al coronamento di questo momento magico della vita e, per anni, se ne sono rimproverate (con ripercussioni sul loro rapporto con i figli).
E' un rischio che una donna saggia non dovrebbe correre. L'allattamento è senz'altro molto importante, ma non essenziale per lo sviluppo di un bambino sano, equilibrato ed intelligente. L'amore, la sintonia, il senso di unione ed il calore umano sono elementi che il seno sicuramente rende più spontanei ma che non solo il seno garantisce.
Esiste una quota di donne (il 2-3% del totale, ma sono cifre stimate) che sono affette da “agalattia”, altre che hanno subito interventi alla mammella riportando un’interruzione dei dotti galattofori, altre ancora che per motivi seri di salute (anemie gravi, tumori, terapie in atto a base di barbiturici od anticoagulanti) farebbero danno al bambino o a se stesse somministrando il loro latte. In questi casi al dolore di non poter allattare si aggiunge il disagio psicologico dato dalla sensazione di non essere abbastanza madri o addirittura di far crescere in modo anomalo il bambino, sottraendogli il prezioso alimento. Pur essendo io uno strenuo fautore dell’allattamento naturale, non ritengo che minacciare catastrofi in caso di mancato allattamento al seno sia il modo migliore per promuovere questa metodica. “Non allattare”, qualche volta, non è semplicemente una libera scelta ma una costrizione ed un cruccio. Colpevolizzando queste madri non si compie, a mio modo di vedere, un’opera meritoria. I fautori del “seno a tutti i costi” invocano (a ragione) un argomento molto suggestivo: “L’allattamento è anche e soprattutto un fatto culturale che risente di molti pregiudizi e della scarsa informazione” . E’ un discorso che condivido pienamente ma, a mio giudizio e per la mia esperienza, rimane un discorso. La pratica è tutt’altro ed inserisce nella teoria di quelle parole una serie di variabili molto ampia, della quale non si può parlare solo in breve. Occorrerebbe un intero testo.
La mia conclusione è che chi non può (per tanti motivi) allattare il suo bambino ha comunque la certezza che i fattori essenziali per la sua armonica crescita fisica e psicologica passano anche per altri canali e comunque sono fruibili ed altrettanto potenti seppure adottando allattamento misto o artificiale.
Coloro che allattano hanno dalla loro un contatto fisico più intimo col lattante e questo favorisce l'instaurarsi di un legame solido.....ma talvolta sono talmente coinvolte da questa forte sensazione di appartenenza da non rendersi conto che il bambino non è un'appendice del loro corpo ma un essere umano a se stante, che ha bisogno anche di sviluppare autonomia.
Se l'allattamento al seno si trasforma in un narcisistico "pensare di essere onnipotenti" ed "uniche artefici della vita" (ipotesi molto meno infrequente si quanto si creda) può quindi essere addirittura deleterio sotto il profilo "educativo". La razionalità deve prima o poi intervenire a mitigare questo spontaneo moto dell'anima, in modo da consentire al bambino di sganciarsi da una dipendenza fisica e psicologica così forte, e "prendere il volo" verso una vita di cui sarà personalmente il costruttore.
Il lattante ha quindi senz'altro bisogno ANCHE del seno (così come la donna di porgerlo, e con soddisfazione) ma non SOLO. Necessita soprattutto di una mamma presente e disponibile, equilibrata, attenta a tutti gli aspetti della crescita ed anche disposta, qualche volta, a tirarsi indietro per consentire al piccolo di sviluppare in se il senso dell'essere "uno" e non "una metà” (processo che richiede travaglio da parte sua ma nondimeno essenziale ai fini dello sviluppo di una personalità indipendente). Molto più spesso di quanto si pensi, accade che il bambino non voglia più il latte della mamma e che quest’ultima insista per darglielo. Questo dice qualcosa di importante: dare il proprio latte diviene, ad un certo punto, più un’esigenza della madre che un effettivo giovamento per il bambino, una volta che questo abbia superato i due anni d’età.
Una mamma serena è fondamentale e, come visto, per ottenere un buon risultato sotto tale aspetto, allattare all’infinito non è essenziale.