Si prevengono obesità e diabete prolungando l’allattamento al seno e ritardando lo svezzamento?….oppure, magari, è meglio porre maggiore attenzione alla dieta ed allo stress in gravidanza?

 

68671_gd18/12/2014

Personalmente, ormai da un lungo periodo, pendo sempre di più verso la seconda ipotesi.

Sono una ventina d’anni che si studia l’effetto dell’alimentazione materna sullo sviluppo fetale ed ultimamente, con la decodifica del genoma umano, questi dati sono, più che supposti, avvalorati da evidenze scientifiche.

La prevenzione delle NCCD (Non Communicable Chronic Diseases) quali obesità, sindrome metabolica, diabete, patologie cardiovascolari, ipertensione, dislipidemie, pesanti sia dal punto di vista umano che sociale (non da ultimo per i costi), più che basarsi su ventilati vantaggi offerti dal prolungamento dell’allattamento al seno o dal ritardo nell’introduzione di cibi solidi nella dieta (mai chiaramente vantaggiosi, se si osserva obiettivamente la controversa letteratura in materia), riposerebbe sulle modificazioni epigenetiche alle quali è soggetto il feto in virtù delle abitudini di vita ed alimentari della gravida. Sempre più studi lo dimostrano e vale la pena di soffermarsi a pensare.

La curiosità su questo tema, dapprima soltanto accademica e poi professionale, mi è sorta dalla lettura di alcuni scritti di un mio “mito”, Robert Sapolski (Neurobiologo alla Stanford University), riguardanti gli effetti sul feto dello stress materno (oltre che della qualità delle cure parentali al neonato). La comunicazione feto-materna è continua ed è mediata sia da ormoni (tiroidei, glucocorticoidi, insulina, GH, ecc.) sia da elementi nutritivi (maggiore o minore apporto di proteine/aminoacidi essenziali, lipidi, oligoelementi, prodotti tossici quali alcool, fumo, farmaci). A partire da uno studio piuttosto famoso, il Dutch Famine Study (Ravelli AC, van Der Meulen JH et al. “Obesity at the age of 50 in men and women exposed to famine prenatally” AmJClinNutr 70:811-16, 1999), si era già visto chiaramente come i bambini nati in periodo di carestia (ad es. apporto proteico inferiore all’8% delle calorie totali), in età adulta fossero pressoché invariabilmente gravati da obesità patologica e che questa caratteristica poteva essere trasmessa alle successive generazioni anche in condizioni di apporti nutritivi normali. I meccanismi stress-mediati sono stati analizzati accuratamente (il ruolo dei glucocorticoidi e dell’insulina in particolare) ma quelli nutrizionali solo recentemente sono stati in qualche modo approfonditi. In pratica avviene una “programmazione metabolica” del feto che, già in utero, impara cosa lo aspetta una volta nato ed adegua il suo fenotipo a queste condizioni.

La programmazione metabolica è mediata sia direttamente che indirettamente dalla concentrazione di ormoni materni e di nutrienti (alcuni aminoacidi essenziali, alcuni oligoelementi quali Vit. B12, B1, B6, acido folico) che letteralmente agiscono sul genoma e lo alterano in modo permanente per ciò che attiene sia alla trascrizione in senso stretto (metilazione del DNA), sia alla maggiore o minore disponibilità alla trascrizione (mediante modificazione degli istoni). Esempi lampanti, eseguiti su animali da esperimento, sono l’insorgenza di ipertensione a seguito di diete povere in metionina e colina, obesità in caso di restrizione alimentare sia di lipidi che di proteine, ecc. e tutto questo, spesso, a prescindere da quanto sia stata più o meno adeguata la dieta che i soggetti studiati hanno seguito nel corso dell’esistenza fino all’età adulta. L’innesto tra elementi nutritivi e stress chiude il cerchio, dato che in condizioni di ipoalimentazione spesso (anzi, quasi invariabilmente) vi è attivazione più o meno percepita di mediatori chimici (noradrenalina, glucocorticoidi e quant’altro pertinente ai meccanismi di compenso in caso, appunto, di stress) che raggiungono il feto e ne condizionano a loro volta la programmazione.

Dove voglio arrivare? Il punto focale dell’avverarsi delle NCCD sta nell’espressione fenotipica di alcune caratteristiche metaboliche. Se è vero, come pare dimostrato in modo ben poco oppugnabile, che il DNA non è qualcosa di fisso e predeterminato ma un elemento plasmabile a seconda delle condizioni in cui è chiamato ad esprimersi – e a ben pensarci questa non è altro che la chiave dell’evoluzione e dell’adattamento- l’attenzione maggiore va posta a tutti quegli elementi che determinano già dall’inizio della vita (feto) le sue modificazioni, tenendo presente che una volta programmato un fenotipo, questo verrà letto e tradotto in modo non più variabile nel corso di tutta l’esistenza.

La consapevolezza di tutto questo dovrebbe dunque far si che un efficace intervento nutrizionale-psicologico attuato sulla gravida possa riversarsi con successo sulla programmazione metabolica del suo bambino il quale, una volta nato, dovrebbe continuare, nel corso del primo anno (che sembrerebbe cruciale per il consolidamento della programmazione stessa) ad essere seguito “ad personam” e non in modo standardizzato: in base alle sue specifiche caratteristiche, insomma.

Occorre dunque un controllo nutrizionale e psicologico della gravida (ginecologo, ostetrico, nutrizionista, ambiente familiare, prevenzione dello stress) seguito da un accurato intervento mirato da parte del pediatra, che sempre più dovrebbe interessarsi approfonditamente di questioni riguardanti l’appropriatezza dei consigli alimentari che dispensa.

Per la parte che ci riguarda (pediatrica) ce la faremo a contribuire alla prevenzione delle NCCD? Finchè ci fermeremo ai tempi di allattamento al seno (pur senza dubbio fondamentale, sia chiaro) e al ritardo di introduzione dei solidi (che però è ormai da più parti dimostrato essere non solo inutile ma potenzialmente dannoso), senza badare alla qualità dei cibi e alla tempistica di introduzione di tutti gli alimenti entro il primo anno di vita, penso sia probabile di no . Grazie per l’eventuale attenzione.

Per approfondire sono illuminanti, tra i numerosissimi, i seguenti articoli:

  1. “Nutritional manipulations in the perinatal period program adipose tissue in offspring” Lukaszewski MA et al. AmJPhysiolEndocrinolMetab 305:E1195-E1207, 2013

  2. “Nutrition in early life and the programming of adult disease: a review” Langley-Evans SC JHumNutrDiet 2014 Jan 31. doi:10:111/jhn 12212

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